movimente

L’allenamento sportivo per allenare la mente.

Chi fa sport è più intelligente? Vediamo perché.

Nel mio lavoro di mental coach e coach sportivo spesso uso il termine “movimente”. Movimente è un neologismo che ho creato per sottolineare l’importanza dell’allenamento sportivo e del movimento e il perché ci rendeno più intelligenti incrementando così nella nostra mente più collegamenti sinaptici.

La mia convinzione, condivisa anche da molti esperti in psicologia dello sport, è che l’allenamento sportivo è importante anche per allenare la mente, non solo il corpo. Anche mettendo in discussione la convinzione cartesiana per cui se un ragazzo studia molto e non pratica sport è più intelligente di un coetaneo che invece studia un po’ di meno ma fa molto allenamento sportivo. Per questo argomento mi sono fatto aiutare da un noto psicologo dello sport: Pietro Trabucchi. Trabucchi nel suo libro “Tecniche di resistenza interiore” ci illustra come Cartesio avrebbe commesso un errore.

Sport, esercizio e mente: la convinzione di Cartesio.

Per millenni, è stata convinzione comune che mente e corpo fossero due entità separate. In filosofia della mente, il dualismo è una concezione teorica che vede un qualche tipo di separazione tra la mente ed il corpo, in particolare il cervello, tali da collocarli in due ambiti separati. Da quando ho iniziato a praticare sport fino ad oggi dove opero come mental coach e coach sportivo mi sono sempre ritrovato a combattere contro la teoria di Cartesio. Molti insegnanti e genitori sono convinti che per sviluppare intelligenza nell’encefalo di un giovane individuo, la soluzione migliore sia quella di sottoporlo a intensi e massacranti full immersion di studio, sottraendolo dalle attività collaterali come, ad esempio, il gioco e l’allenamento sportivo. Questa convinzione sul diventare più intelligenti allenando unicamente la parte più superiore del nostro corpo, nasce dalla credenza che mente e corpo sono due unità distinte e separate. Ma come andremo a vedere non è proprio così!

Neuroplasticità e allenamento sportivo.

Le evidenze scientifiche dicono che fare sport non danneggia né ostacola l’attività cerebrale, ma al contrario produce degli effetti positivi sul cervello. Non solo in termini di neuroplasticità, ma anche di miglioramento nelle funzioni cognitive e nell’apprendimento.

Per chi non lo sapesse neuroplasticità significa proprio la capacità del cervello di modificare la propria struttura in risposta all’esperienze fatte nel corso del tempo. E tra le esperienze che aiutano ad aumentare la neuroplasticità ci sono proprio l’esercizio fisico e l’allenamento sportivo.

Ma come è spiegabile il meccanismo che lega l’allenamento sportivo alle funzioni cognitive? Per prima cosa è stato dimostrato che l’esercizio fisico volontario innalza i livelli di BDNF (fattore neurotrofico cerebrale) nel cervello. Il BDNF è un fattore responsabile della neurogenesi: favorisce la crescita dei neuroni e protegge la loro sopravvivenza, ed è presente in alte concentrazioni nella zona dell’ippocampo, un’area del cervello fondamentale per la memoria e l’apprendimento.

Correre rende più intelligenti? L’esperimento dei topi Californiani.

Carl W. Cotman, direttore dell’Istitute for Brain Aging, University of California, ha permesso ai topi del proprio laboratorio di “allenarsi” correndo liberamente per diversi chilometri ogni notte, utilizzando una ruota da gabbia. I topi erano divisi in gruppi a seconda delle differenti possibilità “podistiche” di cui avrebbero beneficiato: era previsto infatti che i diversi gruppi potessero correre in libertà rispettivamente per due, quattro o sette notti. C’era poi il gruppo di controllo composto dai “sedentari”, cioè i topi che non potevano fare sport. Al termine dell’esperimento Cotman scoprì che nel cervello dei topi corridori i livelli di BDFN erano aumentati considerevolmente rispetto al gruppo di controllo. Ma non solo. I livelli erano aumentati in maniera proporzionale al numero delle notti di “allenamento sportivo” di cui i topi avevano beneficiato.

Gli effetti cognitivi di un regolare allenamento sportivo.

Un’altra corrente di studi si è focalizzata sugli effetti cognitivi dell’allenamento sportivo negli adulti e negli anziani. L’équipe del dottor Kisou Kubota della Nihon Fukushi University di Handa, in Giappone, ha coinvolto sette soggetti sedentari in un programma regolare di jogging che prevedeva trenta minuti di allenamento sportivo tre volte a settimana. Dopo dodici settimane, i soggetti avevano migliorato in maniera significativa i loro punteggi in test cognitivi (che riguardavano cioè funzioni cerebrali come attenzione e memoria), come anche i tempi di reazione. Ritestati ancora tre mesi dopo la fine del programma di allenamento sportivo, i soggetti avevano nuovamente peggiorato i punteggi nei test. Test simili sono stati fatti in altre università con risultati analoghi.

Perché cervello e sport vanno così d’accordo?

Perché l’allenamento sportivo aiuta l’organismo ad aumentare le connessioni cerebrali? Perché la natura non ha previsto che le connessioni aumentino anche in coloro che non fanno sport? La risposta è semplice: un organismo che, per fare esercizio fisico, si muove nell’ambiente si deve adattare a un maggior numero di stimoli. E la migliore forma di adattamento è l’apprendimento. In origine l’apprendimento consisteva semplicemente nel consolidare il controllo motorio. Il cervello stesso nasce con questa funzione: essere un dispositivo al servizio del movimento dell’organismo. Quindi l’evoluzione ha dotato gli organismi capaci di movimento di uno “stratagemma” speciale: muoversi o fare un normale allenamento sportivo rende le persone capaci di apprendere più efficacemente e in modo più rapido.

Siamo intelligenti anche perché siamo bipedi.

Milioni di anni fa la selezione naturale premiò gli individui che per particolari caratteristiche anatomiche, riusciva a restare in più a lungo su due zampe e questo ha portato all’evoluzione del bipedismo nella specie umana. Il bipedismo ha permesso ai nostri antenati di potersi muovere con più controllo visivo dello spazio circostante e visti i cambiamenti climatici che si stavano verificando in quel periodo storico nella savana africana, questo ha fatto sì che gli ominidi cominciarono ad allargare sempre di più l’area di osservazione per cercare nuovi ambienti consoni alle loro esigenze di vita. Questa ricerca esplorativa fece sì che questi nuovi esseri si dovettero adattare alle diverse condizioni ambientali. Lo spostamento e le nuove esperienze sono quegli elementi che hanno innescato quel processo evolutivo che ci ha portato ad essere oggi quello che siamo. L’essere divenuti bipedi è stata la chiave della nostra intelligenza.

Allenamento sportivo o studio? La virtù sta nel mezzo.

È ormai chiaro che l’allenamento sportivo e il movimento non sono la ricetta per il solo benessere fisico, ma anche per integrare nuovi collegamenti intracellulari all’interno del nostro cervello.

Quando ragazzi mi scrivono che purtroppo devono saltare gli allenamenti o l’intera stagione per studiare e fare i compiti, qualche perplessità mi viene. Non voglio dire che lo studio non serva, anzi è fondamentale. È la mancanza di equilibrio che non va bene. Per questa conclusione già qualcun altro c’era arrivato qualche anno prima di me, i latini hanno sempre detto: “In medio stat virtus!!”.

Come dargli torto.

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