La profezia che si autorealizza.
Questo articolo ci racconta (usando degli esempi reali) di cosa ha condizionato e condiziona le scelte, gli obiettivi e i traguardi che ognuno di noi mette in opera, e delle modalità in cui essi sono condizionati. Siamo ciò che siamo perché ognuno di noi, un giorno, ha previsto qualcosa di possibile, realizzabile, e questo perché abbiamo creduto a un’informazione o a una notizia e l’abbiamo fatta diventare poi la nostra linea guida.
Tratteremo di come sia possibile che una previsione iniziale, basata sul nulla o su una fantasia, quindi una previsione dalle caratteristiche fasulle, sbagliate, possa poi trasformarsi in una vera. Vedremo come il destino di un portiere di calcio o di un gruppo di ragazzi di una scuola elementare, e magari anche il nostro personale, possa essere stato condizionato dall’aver creduto in qualcosa di assolutamente vero che in realtà non lo era tanto, ma alla fine sì, era vero.
La profezia del campione: la storia di Gianluigi Buffon.
Ricordo che durante il periodo della mia specializzazione in Psicologia dello Sport, svoltasi a Torino, noi discenti incontrammo in un seminario parte dello staff tecnico della squadra di calcio della Juventus. In quel periodo tra i pali bianconeri c’era una stella del calcio internazionale: Gianluigi Buffon.
Un tecnico ci raccontò una storia su Gigi Buffon e il perché egli, ancora giovanissimo, decise di intraprendere la carriera del professionista che lo portò dove tutti sappiamo. Il tecnico ci disse che Gigi, un giorno, gli fece questa confidenza durante un ritiro. Sembrerebbe che la decisione Gigi Buffon l’abbia presa durante un allenamento e che, più precisamente, a fare scattare questa felice decisione fu un commento che lui stesso sentì, senza che chi l’avesse dichiarato si rendesse conto che la sua profezia veniva ascoltata anche dal soggetto in questione. Praticamente il portiere della Juventus sentì bisbigliare un tecnico che stava esprimendo il suo giudizio ad un altro tecnico. Le parole che gli giunsero furono queste: “questo ragazzo da grande sarà un grande portiere!”. Praticamente detto & fatto! Quando Gigi sentì questa dichiarazione le sue prospettive future cambiarono e lì iniziò il suo meraviglioso percorso di calciatore. Ma è possibile che per Gianluigi Buffon sia stato sufficiente credere a quelle parole per raggiungere un traguardo così importante?
Praticamente quelle parole sono state la profezia per il futuro portiere della nazionale? La risposta è: sì!
Il potere di una profezia: l’esperimento della Oak School.
L’esperimento, ormai un classico della psicologia, ebbe luogo negli anni ’60 presso la Oak school.
Questa scuola elementare si trovava nella periferia di una grande città e gli alunni frequentanti rappresentavano le differenti minoranze etniche. Normalmente la media del rendimento scolastico di questi gruppi era leggermente inferiore rispetto agli alunni di cittadinanza americana.
Un bel giorno presso l’istituto si presentò un gruppo di psicologi, essi si proposero per una ricerca sull’intelligenza. La loro ricerca si basava sullo “psicometrizzare” tutti gli allievi per ricavare il valore della loro singola capacità intellettiva: il “quoziente intellettivo”. Una volta raccolto il dato sarebbero statio selezionati i più dotati per formare un super gruppo di studenti.
La Oak School accettò l’invito e prese l’impegno di riunire in una classe speciale questi piccoli geni.
In realtà l’intenzione degli sperimentatori era ben altra. Una volta raccolti i test valutativi, essi furono presi e gettati nel secchio della spazzatura. Poi, a caso, selezionarono il 20% degli studenti, prospettando per loro un futuro da geni. Nel numero dei selezionati finirono anche quegli alunni che appartenevano alle minoranze che erano state considerate, fino a quel momento, meno dotate.
Solamente il gruppo degli sperimentatori sapeva dell’inganno, mentre il gruppo docente credeva di avere tra i banchi i futuri Einstein e gli alunni si sentivano come Leonardo da Vinci.
L’esperimento della Oak School: un anno dopo.
Dopo un anno, i ricercatori tornano alla Oak School e, con loro tanto stupore, verranno informati che il gruppo di alunni selezionati aveva avuto un rendimento medio più alto rispetto a tutte le altre classi dell’istituto. A conferma (secondo il corpo insegnante) che i ricercatori avevano fatto bene il loro lavoro.
Cosa era successo? Come prima cosa gli sperimentatori, nel dubbio di aver selezionato (a caso) i ragazzi più bravi, andarono a verificare i loro trascorsi scolastici che si dimostrarono nella norma.
Quindi era veramente successo qualcosa di straordinario dopo gli avvenuti test e la finta selezione. In effetti, dopo la (falsa) valutazione su chi era asino e chi genio, per fare accadere questo ci fu (da parte di tutto il corpo docenti) un cambiamento di atteggiamento nei confronti degli alunni selezionati. Durante tutto il corso dell’anno essi furono seguiti con una differente attenzione. Per esempio, se un alunno non riusciva a svolgere un compito, o non capiva, subito il maestro lo rincuorava, spiegandogli che lui non si doveva preoccupare: “tu sei un ragazzo dotato, vedrai che con un po’ di impegno ci riuscirai meglio degli altri”.
Questo semplice cambiamento di atteggiamento degli insegnanti (dovuto alla credenza di avere tra i banchi dei grandi geni), ha fatto sì che ogni maestro iniziò a dedicarsi con più attenzione e comprensione ad ogni studente. Questo cambiamento comportamentale degli insegnanti fu un elemento basilare per il miglioramento scolastico degli alunni. Mentre gli insegnati adottarono questo cambiamento, gli alunni, a loro volta, cambiarono la loro auto-valutazione. Essi iniziarono a percepirsi diversamente capaci, cioè, ora sapevano di essere dotati e quindi capaci di recepire le informazioni che gli venivano date. Insomma, avevano perso quel limite nel percepirsi: “io non lo potrò mai imparare, troppo difficile per me”. Indovinate perché? Perché gli scienziati avevano previsto un futuro da geni. E loro non sbagliano mai!
Ovviamente non fu mai svelato a nessuno che il test era stata tutta una farsa. Il gruppo di psicologi nel corso degli anni continuò a seguire i ragazzi fino all’età dei 50 anni. Il risultato finale è anch’esso sorprendente. Questi prescelti riuscirono ad avere risultati migliori anche nel mondo del lavoro rispetto al gruppo degli “scartati” dell’Oak School.
Possiamo quindi affermare, oggi, che la profezia degli scienziati era assolutamente giusta. Sì, esatto, quel gruppo alla fine si è dimostrato diverso da tutti gli altri elementi della scuola. La profezia si era avverata.
Perché una profezia si autorealizza?
Ci sono stati molti altri casi simili, eseguiti in contesti sportivi, lavorativi, dentro a dei penitenziari, ospedali e laboratori scientifici, sempre con gli stessi risultati, come se ci fosse un “incantesimo”. Ma qual è la formula magica che permette la realizzazione di tali magie? Scrive Davide Lo Presti nel suo libro La profezia che si autorealizza: “alla base possiamo mettere le aspettative che si vanno a creare, esse sono la molla magica che fa scattare l’azione, il meccanismo che porta la persona ad attivarsi per trasformare l’infondata predizione originaria in qualcosa di reale. È l’aspettativa, figlia della fiducia nell’oracolo, l’ingrediente magico.”
Trovato l’ingrediente magico ora ci serve la ricetta, ed è sempre Lo Presti a fornircela:
- Un’asserzione -> B) presa per vera -> C) che instilli precise aspettative -> D) che spingano a compiere determinate azioni -> E) che producano gli effetti reali attesi.
Eccovi la vostra ricetta, ora siete pronti per credere alle magie e a lasciarvi convincere dalle realtà soggettive della vita.
“Siamo circondati dalla magia. Bisogna solo osservare, osservare, osservare…”
Beverly Penn
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