Psicologia dello sport: la sconfitta nel calcio, come farne un’arma a proprio favore.
Secondo la psicologia dello sport per vincere bisogna saper perdere! Per questo esiste la cultura della sconfitta nello sport e nella vita!!
Il messaggio è rivolto a quello sport che in Italia è il più praticato e amato: il calcio.
L’articolo avrebbe quella presunzione di portare quel cambiamento di mentalità necessario a far crescere tutto il sistema calcio e più in generale quello dello sport.
Psicologia dello sport come risorsa del calcio.
La psicologia dello sport ci spiega l’importanza della sconfitta nel calcio e come essa possa essere reinterpretata per trasformare un insuccesso in una risorsa utile a non subirne le conseguenze negative. Una domanda potrebbe essere: come è possibile tutto questo? Reinterpretando l’idea di sconfitta e sostituirla con un’altra: “dietro a una difficoltà c’è sempre l’opportunità”. Questo è possibile se tutti noi ci mettiamo (nell’idea costruttivista) di accettare la realtà come una nostra invenzione e non come scoperta.
Nel mondo del calcio siamo tutti commissari tecnici.
È risaputo che in questo sport chiunque parli di calcio è l’illuminato. È colui che ha la risposta giusta a tutto. Solo che se andiamo a sentire tutti i pareri degli infiniti CT che popolano due terzi di questo pianeta ognuno di loro potrebbe avere un parere diverso. Come è possibile? Si tratta di interpretazione cognitiva. Questo fenomeno in psicologia dello sport viene definito come: principio di realtà. Ognuno di noi interpreta le proprie esperienze di vita attribuendo ad esse un proprio significato. Ciò ci porta ad un’altra considerazione: se ognuno di noi attribuisce alla stessa esperienza significati diversi significa che la realtà oggettiva è una nostra invenzione e non come molti credono: una scoperta.
Nel gioco del calcio tutti vincono?
Direi di no, le regole del calcio dicono che alla fine chi ha fatto più goal ha vinto. Quindi la realtà non è una nostra invenzione qualcuno potrebbe esclamare. Il punteggio è oggettivo, ma l’interpretazione di questo sicuramente no. Si può aver vinto ed essere o non essere soddisfatti del risultato e aver perso ma sentirsi soddisfatti di come sono andate le cose. Alla fine rimane l’interpretazione personale della realtà.
Nel calcio “vincere non è importante è l’unica cosa che conta”.
Per chi non fosse dell’ambiente calcistico “vincere non è importante è l’unica cosa che conta” è il motto di una squadra di calcio della Torino bianconera. Leggendo questa frase mi sono sempre chiesto quale strategia usasse G. Vercelli (responsabile dell’Area Psicologica di Juventus Football Club dal 2011) e il suo team per cambiare la vision di una squadra che ha spesso vinto molto nelle mura domestiche e molto meno oltralpe. Quando glielo chiesi, la risposta mi fu data con un ammiccante sorriso, come per dire: è il presupposto con cui ogni giorno ci dobbiamo confrontare (ovviamente questa è una mia interpretazione). Si, perché nella psicologia dello sport uno dei presupposti degli operatori dell’area mentale è quello di non pianificare obiettivi di vittoria ma di prestazione. La vittoria viene fissata come obiettivo in seconda battuta, cioè come conseguenza.
Perché nel calcio non si deve puntare alla vittoria se si vuole vincere?
Nel definire un obiettivo, in psicologia dello sport, una delle caratteristiche che esso deve possedere è: deve dipendere da te. Come direbbero nell’oltre manica è un “must!”.
Puntando alla vittoria, non sapremmo mai quanto la vittoria o la sconfitta siano dipese da noi e quanto dai nostri avversari. Potrebbe succedere di gareggiare esprimendo la nostra migliore performance e perdere per il semplice motivo per cui i nostri avversari hanno performato meglio di noi e viceversa.
Perché non puntare alla vittoria nello sport
Un obiettivo ben formato ha diverse caratteristiche tra cui: il risultato deve dipendere da te.
In una partita di calcio ci sono due squadre che si affrontano con lo stesso scopo finale: vincere.
L’abilità di vincere non dipenderà unicamente da una squadra ma dalla capacità di adattamento e di riuscire ad esprimere le proprie capacità meglio dei propri avversari.
La cultura della sconfitta nel calcio.
Cosa si intende per cultura della sconfitta? Essa ci insegna che per vincere nel calcio non serve necessariamente fare meglio dei nostri avversari, essa ci insegna che la vittoria nasce dal confronto che facciamo con noi stessi. Il confrontarci con noi stessi ci porta diversi vantaggi nella prestazione e risultato finale. Uno dei vantaggi è: l’abbassamento dell’ansia di prestazione che molti giocatori (anche in squadre di calcio di élite) provano prima o durante un incontro.
Vuoi sapere il perché essa svanisce? La risposta è semplice e probabilmente già ci sarete arrivati. La risposta è stata già data in qualche modo ad inizio articolo. Il motivo è: il risultato dipende da te! Quindi è controllabile. Normalmente ci mettono paura quelle situazioni su cui non abbiamo il controllo, per esempio, il fare meglio del nostro avversario. Ci possiamo provare, anzi ci dobbiamo provare, ma non dipende da noi. Al contrario, avere uno obiettivo che dipenda unicamente da noi come, ad esempio, applicare e mantenere uno schema di gioco per l’intera partita, è un obiettivo controllabile.
Oltre gli interessi economici nel calcio.
Spesso nello sport professionistico e in particolar modo nel mondo del calcio dove oltre alle prestazioni sportive ci sono gli interessi economici che vanno ben oltre i nostri nobili presupposti iniziali, si devono fare i conti con direttori sportivi, tecnici, allenatori, dirigenti e presidenti che vogliono far quadrare il bilancio. In quel caso l’interesse primario di tutti gli addetti ai lavori è unicamente uno: la vittoria! Purtroppo, sono le regole del mercato. Cosa fare in quel caso? Dobbiamo negare tutto quello che abbiamo detto fin qui? Certo che no! Si deve mantenere lo stesso approccio per arrivare dove vogliamo, cioè lavorare sulla prestazione per finalizzarla alla vittoria.
Un giusto mindset nel gioco del calcio.
A questo punto possiamo rivedere con occhio diverso il famoso motto juventino: “vincere non è importante è l’unica cosa che conta”. Sì, hanno perfettamente ragione è l’unica cosa che conta, il trucco è nell’interpretarne il significato. Penso a tutti quei genitori, tecnici, allenatori di calcio che rimproverano il loro figli o allievi per avere perso, o quando per sdrammatizzare dicono: “non fa niente, non ci pensare”. In entrambi i casi l’esperienza vissuta dall’atleta sarebbe: delusione di non esserci riusciti e di non avere avuto modo di apprendere da quella esperienza. Ricordate ad inizio articolo? “Dietro a una difficoltà c’è sempre l’opportunità”.
Soffermarci sul risultato sarebbe un pessimo errore, direi da dilettanti, mentre osservare la nostra prestazione, specie se si è perso è il migliore punto di partenza per fare meglio la prossima volta. Reinterpretando la realtà della sconfitta ci mettiamo in quella condizione che nella psicologia dello sport è definita come mindset o mentalità vincente.
“La sconfitta non esiste, esiste il feedback”, il risultato finale è la risposta di ritorno di una nostra scelta e niente più, questo secondo la programmazione neuro linguistica (PNL).
“È di gran lunga più importante la valutazione che io do delle mie capacità,
rispetto a quella espressa dal selezionatore.”
Stuart Barnes
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