Gestire la propria motivazione

Gestire la motivazione con l’aiuto di un mental coach sportivo.

Mental training e importanza della motivazione nello sport.

È sempre più comune, nell’ambito sportivo e non solo, sentire parlare di motivazione. Se ne discute in tv, nelle rubriche sportive con giornalisti e campioni di ogni disciplina o nei centri sportivi da parte di allenatori, atleti e genitori.

In più di 40 anni di attività sportiva tra periodo agonistico e di coach sportivo, nel seguire un atleta, ho sempre valutato una profonda distinzione tra chi fosse motivato e chi meno.

Ma quanto è bravo Peppe, certo se avesse più voglia non sarebbe sicuramente qui!”.

A volte sembra che quelli più bravi siano anche meno motivati di quelli con meno talento che però sono lì a lottare per la vittoria finale (troveremo insieme la risposta su quest’ultima impressione).

Motivazione intrinseca ed estrinseca: cosa sono?

Esistono due tipologie di motivazione: la motivazione intrinseca (interna) e la motivazione estrinseca (esterna). Questa prima distinzione riflette il fatto che un atleta è motivato a raggiungere il suo scopo per ragioni dipendenti da spinte interne o esterne.

Secondo Edward L. Deci (Deci e Ryan 1991) “la motivazione intrinseca esiste perché vi sono condotte intrinsecamente motivate che assolvono una funzione eminentemente privata di riconoscimento di sé e di autodeterminazione (self-determination), di espansione e di verifica delle proprie capacità ed emozioni”. Alla base di queste condotte vi è la spinta del desiderio (innato) di sentirsi competenti e di percepirsi autonomi senza vincolo di pressioni esterne.

La motivazione estrinseca avviene quando una persona si impegna in un’attività per scopi che sono estrinseci all’attività stessa quali, ad esempio, ricevere lodi, riconoscimenti, buoni voti o per evitare situazioni spiacevoli quali derisioni, punizioni o brutte figure. Per motivazione estrinseca si intende quella spinta che arriva da motivi esterni e quindi il comportamento è generato da una ricompensa o riconoscimento.

Psicologia dello sport e motivazione di un atleta.

Per un coach sportivo è fondamentale riconoscere il tipo di motivazione che innesca la performance del proprio atleta. Facciamo un esempio.

Diversamente dalle motivazioni estrinseche, regolate dall’anticipazione dei vantaggi o degli svantaggi, nelle motivazioni intrinseche il rinforzo esterno svolge in alcune circostanze un effetto opposto a quello desiderato, riducendo l’attrattiva per l’attività. Il rinforzo o la ricompensa per le attività intrinsecamente motivate possono essere interpretati come eventi esterni che mirano al controllo del proprio comportamento e, in quanto tali, possono modificare la percezione di causalità (da interna a esterna), compromettendo l’impegno e l’interesse. In assenza di rinforzo, invece, ci si percepisce causa e origine dei propri comportamenti, liberi e autonomi nelle proprie scelte, competenti in ciò che si fa. (Deci e Ryan 1985, 1991).

Quindi attenzione al motivatore se abbiamo, o siamo, atleti motivati internamente. Si possono raccontare molti casi con questo tipo di innesco. Per esempio, quanti genitori accompagnano e seguono i loro figli anticipando loro qualsiasi necessità e bisogno mentre dall’altra parte vediamo un atleta spento, quasi demotivato? Il motivo è proprio questo. Seguendo alcuni atleti giovani di interesse nazionale nella disciplina equestre, mi sono reso conto della loro voglia e di quanto fossero motivati a raggiungere l’obiettivo minimo per entrare a far parte di un corpo militare. Fino al giorno prima di entrare in questo corpo gli atleti erano capaci di tirare fuori il massimo da sé stessi. Tuttavia, una volta dentro l’arma con tempo a disposizione per allenarsi, uno stipendio che gli garantisse una vita indipendente, tecnici e strutture adatte per raggiungere i migliori risultati, a questo punto l’atleta non aveva più la stessa spinta motivazionale. Le sue doti non dipendevano più solo da lui stesso, il motivo erano le ricompense o riconoscimenti esterni.

L’apprezzamento esterno è importante quando certifica competenze. In tal caso è la componente informativa, più di quella valutativa, che ha un potere motivante, specialmente quando la persona si mette direttamente alla prova ed è in gara con sé stessa.

Trovare le proprie motivazioni con un percorso di mental training.

Inizialmente, come tecnico della Federazione Italiana Tennis, cercavo quei tennisti che ritenevo intrinsecamente motivati. Poi, durante i miei studi, ho capito che a pari dei primi anche gli i giocatori di tennis estrinsecamente motivati avevano le stesse possibilità di successo.

Si trattava di analizzare l’attribuzione di causalità (locus of control) che l’atleta dava agli eventi di cui faceva esperienza. L’attribuzione di causalità può essere interna o esterna. Facciamo un esempio. Il giocatore che perde (o che vince) un incontro di tennis e attribuisce la propria sconfitta ad eventi interni pensa in questo modo: “ho perso perché mi sono allenato troppo poco”, “tecnicamente devo migliorare …………. per competere a questo livello”. Egli attribuisce il motivo della sua sconfitta a sé stesso.

Il tennista che invece attribuisce la propria sconfitta ad eventi esterni potrà avere questo tipo di pensieri: “ho perso perché non mi hanno allenato sufficientemente”, “il mio tecnico non ha saputo insegnarmi quel determinato gesto”, non è mai lui la causa del successo o dell’insuccesso.

Come ho spiegato prima, con l’atleta che ha una motivazione intrinseca bisogna evitare la motivazione in modo tale da non spegnere le sue personali risorse. Quindi consiglio di evitare le valutazioni e incrementare l’aspetto informativo. Con chi ha una motivazione estrinseca, invece, consiglio di esaltare le competenze dell’atleta ed invitarlo a fare un’autovalutazione delle proprie capacità.

Il ruolo del mental coach sportivo per mantenere alta la motivazione.

Come mental coach il lavoro che faccio sempre con i miei atleti è il “Goal-Setting”. Quando si parla di un contesto sportivo o lavorativo una cosa fondamentale per poter raggiungere il successo è un’adeguata strategia di goal setting, ovvero di definizione degli obiettivi.

Un obiettivo, infatti, per essere efficace, deve seguire una serie di regole che possono permettere all’individuo di mantenere alta la motivazione nel cercare di raggiungerlo. Una buona strategia di goal setting, quindi, serve per provare a definire quali sono i risultati che bisogna cercare di raggiungere e mantenere alte le motivazioni iniziali. Se vuoi saperne di più leggi il mio articolo su come definire e raggiungere i propri obiettivi.

E per gli atleti che hanno perso la motivazione? Devo dire onestamente che questo è stato (per me) uno degli aspetti più difficili da risolvere. Quando mi trovo un atleta demotivato, cerco di percorrere con lui due strade. La prima è provare a stabilire nuovi obiettivi e farglieli percepire come eccitanti. Il secondo percorso sarà di riportarlo con la mente indietro nel tempo e cercare di fargli rivivere quelle emozioni che provava nell’allenarsi e nel partecipare a quella competizione. È un lavoro che può essere lungo, ma credo l’unico da percorrere per raggiungere un certo risultato.

Psicologia sportiva e motivazione: le mie conclusioni.

Possiamo affermare che le motivazioni nascono dal bisogno di assecondare le nostre emozioni, il gioco, il divertimento e l’agonismo. Le motivazioni possono essere di origine interna o esterna. Sappiamo come le motivazioni possono essere governate e da chi, sia le intrinseche che le estrinseche.

Credo sia cosa importante sapere come poterle generare e mantenere, questo si ottiene tramite lo strumento del goal setting.

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