Fiducia: sei un vaso di coccio o di bronzo?
Meccanismo della fiducia e autoefficacia.
La fiducia, spesso se ne parla descrivendo questo stato come qualcosa di astratto, impercettibile, impalpabile.
Gli allenatori, genitori e insegnanti frequentemente incitano i propri allievi gridando loro “forza ragazzi, mettiamoci un po’ di fiducia!”, come per dire “crediamoci”. Ma se i riceventi del messaggio non si percepiscono in fiducia, difficilmente riusciranno a “crederci”.
Ci sono giornate in cui ci si sente più in fiducia e altre meno.
Per comprendere il meccanismo della fiducia, vi racconterò una storia, tratta dal libro “Vincere con la mente” di Giuseppe Vercelli, che useremo noi come metafora per esplorare questo misterioso mondo e raggiungere le origini di questo stato mentale, il costrutto di “autoefficacia”.
Il vaso di coccio e il vaso di bronzo.
La favola che leggeremo è di origine esopica. Queste storie hanno per protagonisti animali e oggetti le cui azioni, riferibili allegoricamente al mondo umano, suggeriscono la breve morale che conclude la favola.
Il racconto è centrato sulla storia di due vasi, uno di coccio e l’altro di bronzo. Questi due vasi erano stati abbandonati sulla riva di un fiume. Nel momento in cui venne la marea, essi iniziarono a galleggiare e a essere trasportati dalla corrente. Il vaso di coccio faceva del suo meglio per rimanere a distanza dal vaso di bronzo che gli gridava: “Non temere amico, non ti colpirò!” Allora lui rispose: “Ma se ti avvicini troppo, poco importa se io colpisco te o tu colpisci me; avrò io la peggio”.
Morale della favola: il forte e il debole non possono tenersi compagnia!!
Se il forte e il debole non si possono tenere compagnia vuol dire che o c’è la presenza dell’uno, o dell’altro.
È ciò che avviene in ognuno di noi durante una prestazione sportiva. Con chi ci identifichiamo? Con il vaso di coccio o con quello di bronzo? Metaforicamente potremmo proiettare le nostre debolezze nel vaso di coccio e le nostre risorse nel vaso di bronzo.
Coccio o bronzo? Scopri che atleta sei.
Il vaso di coccio rappresenta le nostre debolezze. Sono quelle abilità che sappiamo (o crediamo) di non avere appreso. Quando ci chiedono: “Come mai hai perso?”, senza troppo indugiare inizieremo ad elencare una serie di debolezze. Questo perché, nella nostra cultura, l’abitudine è di osservare i difetti che si hanno per poi lavorare su di essi.
Di conseguenza, ogni volta che ci alleniamo lo facciamo con il preciso intento di migliorare i difetti e con l’aspettativa di trasformarli in futuri punti di forza.
Al contrario, il vaso di bronzo rappresenterebbe le nostre capacità, virtù o talenti. Qui spesso casca l’asino.
Sì, perché quando si chiede ad un atleta: “Quali sono secondo te le tue abilità?”, a fatica egli riesce ad arrivare a esplicitarne più d’una (al contrario di prima). E già da qui possiamo iniziare a intuire come mai quell’atleta (possiamo allargare il ragionamento in qualsiasi ambito) si percepisca insicuro in quei momenti considerati importanti per lui. Ma qui siamo tornati al vaso di coccio. Il vaso di bronzo rappresenta colui che ha piena conoscenza delle sue capacità fisiche, tecniche e mentali.
Autoefficacia: cos’è e cosa significa.
La percezione di essere, in quella determinata abilità, un vaso di bronzo o di coccio è direttamente collegata al concetto di autoefficacia che deriva dagli studi di Albert Bandura. Per definizione esso corrisponde alla convinzione che l’individuo ha di essere capace di dominare specifiche attività. Le convinzioni di autoefficacia regolano la motivazione, modellano le aspirazioni e i risultati previsti per i propri sforzi.
Il senso di autoefficacia si differenzia in alta e bassa. Vediamo come gli atleti la possono differenziare.
ALTA AUTOEFFICACIA:
- L’atleta si pone obiettivi stimolanti
- Si fa coinvolgere emotivamente dall’attività che svolge
- Percepisci i compiti difficili come sfide
- Si focalizza sulla soluzione
- Attribuisce i fallimenti al proprio impegno insufficiente
BASSA AUTOEFFICACIA:
- L’atleta ha aspirazioni modeste
- Vive il raggiungimento delle mete con scarso coinvolgimento
- Percepisce i compiti difficili principalmente come minacce
- Si focalizza sul problema
- Si sofferma maggiormente sulle deficienze, sugli ostacoli e sui risultati sfavorevoli
L’atleta deve diventare consapevole dei suoi punti di vista e valutare se essi siano rivolti al raggiungimento dell’obiettivo. “L’unica cosa che possediamo sono le nostre idee, tutto il resto è ipotizzato” G. Bateson
Mental training: la costruzione della fiducia passa dalla consapevolezza.
Tutti noi intrinsecamente siamo un po’ vasi di coccio e un po’ vasi di bronzo. Ed è giusto così.
Come recita la morale della storia dei due vasi: il forte e il debole non si possono tenere compagnia. Ciò significa che quando andiamo in gara, con noi possiamo portare o le nostre debolezze o i nostri punti di forza, non è possibile portare entrambi. Un percorso di mental training può aiutare a prendere coscienza dei nostri punti di forza: quando andiamo in gara dobbiamo portare loro con noi. È grazie alla consapevolezza di cosa siamo capaci che si fonda la percezione di fiducia interna.
“L’unica cosa che possediamo sono le nostre idee, tutto il resto è ipotizzato”
G. Bateson
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